Galileo Chini. Ceramiche tra Liberty e Déco

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Galileo Chini seppe adattare la sua poetica alle mode dell’epoca, attento alla decorazione che diventa pattern emotivo.

La mostra, curata da Claudia Casali e Valerio Terraroli, espone circa trecento pezzi tra ceramiche (tra cui diversi inediti) e disegni preparatori a documentare le varie fasi di attività di uno dei più importanti protagonisti italiani dell’epoca Liberty.

Chini fu artista poliedrico, versatile, tra i pionieri del Liberty in Italia, della fine Ottocento inizi Novecento, ma anche affinatore del gusto déco sviluppatosi nel ventennio. Egli si dedicò con passione all’arte della ceramica, con una varia e molteplice produzione originale e personalissima, ma anche alla pittura e all’affresco.

Dipinse nature morte, bellissimi paesaggi della sua Versilia, ritratti e ambienti che richiamano la sua esperienza a Bangkok, dove fu ospite del re del Siam proprio per affrescare le residenze imperiali, dopo la celebrata esperienza, nel 1909, della decorazione della “Sala della Cupola della Biennale” di Venezia, in pieno gusto liberty.

La sua esperienza si lega anche all’architettura: celebre l’intervento alle Terme Berzieri di Salsomaggiore (1923) uno dei più interessanti esempi di edifici eclettici déco. Per la manifattura Chini si trattò di un lavoro colossale, tanto che per far fronte a questo impegno, si dovettero ingrandire le strutture della manifattura, ampliando i forni. Come noto, la decorazione ricopre quasi tutto l’edificio, con sobrietà per quanto riguarda gli ambienti destinati alle cure, rivestiti con piastrelle color avorio e listelli dorati e con ricchezza negli ambienti mondani come il bar, il salone centrale e lo scalone dove si trova il grande maestoso affresco di Galileo. Proprio nel 2023 si celebreranno i 100 anni della fondazione delle Terme Berzieri. Della bottega Chini è da annoverare anche l’allestimento ceramico delle Terme di Castrocaro.

Da segnalare inoltre che Chini decorò i locali deputati alle arti dell’Esposizione Torricelliana di Faenza nel 1908, da cui prese avvio la fondazione del Museo Internazionale delle Ceramiche ed un cospicuo nucleo di opere venne donato da lui stesso alla città di Faenza, primo nucleo del costituendo museo. Purtroppo queste andarono perse durante la seconda Guerra mondiale, ma molte altre (nelle foto qui sotto) furono donate dalla Manifattura Chini negli anni a venire.

Chini lavorò anche per il teatro: tra i suoi lavori più noti, vi sono le scenografie della prima Turandot eseguita nel 1926 da Arturo Toscanini.

L’opera ceramica di Chini viene raccontata attraverso un ricco percorso ceramico, composto di cinque sezioni,  con approfondimenti scenografici a ricreare l’ambiente storico e culturale in cui l’artista operò.

Sono coinvolte altre realtà importanti che conservano architetture realizzate dalla Bottega Chini come Salsomaggiore, Castrocaro, Borgo San Lorenzo, Montecatini Terme, in un progetto di rete volto a valorizzare il lavoro complesso e articolato di questo straordinario artefice. L’idea è di suggerire una mappa dei percorsi “chiniani” che possa favorire flussi turistico-culturali.

Un ricco catalogo documenta la mostra, non solo delle opere esposte, con approfondimenti vari legati alle esposizioni internazionali, ai progetti architettonici, alla produzione di vetri e ferri battuti, alle Biennali di Venezia.

Il catalogo si avvale dei contributi critici dei curatori e di Stefania Cretella, Ezio Godoli, Edoardo Lo Cicero, Maurizia Bonatti, Ulisse Tramonti.

 

 

Tutti i sabati dal 7 gennaio, alle ore 16,  visita guidata (3 euro + biglietto).

Prenotazioni: 0546697311, info@micfaenza.org

 

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